Capitolo 17
Anime Perdute
Il suo sguardo dagli occhi rossi fu filtrato attraverso la vetrata, di cui ciascun frammento di vetro riluceva di ogni tonalità di verde esistente su Nesia, dalle più scure del verde cacciatore, passando per le più vivide di clorofilla e malachite, fino a raggiungere i toni intensi e chiari di peridoto e assenzio, richiudendosi al centro in un brillante verde smeraldo, in una spirale che riproduceva il simbolo di Tadewi.
Il vero simbolo dell’elemento vento.
Non quello falso che per qualche stramba ragione era diffuso in quelle terre.
Nelle sue terre.
Devo porre rimedio immediatamente a tutte le bugie che il mio Gahone ha messo in giro. Ah... per il mio sacro regno giusto! Guarda quante persone che testardamente si oppongono al mio bellissimo Nuovo Mondo, per colpa delle menzogne e delle mezze verità che ha diffuso... Sollevò lievemente il lato dell’indice e del medio per coprire il mezzo risolino che le era sorto tra le sue labbra Ah! Mio Gahone! Sono così divertenti gli sforzi inutili in cui indulgi in ogni cosa che fai! Anche quando mi contrasti. La tua testardaggine e la tua caparbietà mi hanno sempre messo di buonumore... scosse la testa con aria calma e intenerita, ripensando al suo amato che l’attendeva al suo fianco come avrebbe dovuto essere. Eh... ma ormai... nonostante tutti i tuoi tentativi di contrastarmi, la mia essenza, il mio elemento e io che sono la primordiale dell’entropia, siamo libere e siamo diventate regine di questo mondo. Vedrai come oblitererò tutto il tuo vano lavoro nel giro di meno di un ciclo! E noi due vivremo in eterno in questo mio Nuovo Mondo, sul nostro trono, eternamente insieme, serviti dai miei sudditi come avrebbe dovuto essere sin dalle origini. Noi due, regina e re, a sorvegliare l’operato di donne, uomini, umani e bake in modo che agiscano in virtù dei nostri desideri, nella maniera corretta di agire.
Reclinò il capo mentre osservava il cielo attraverso le vetrate. Ah... come avrei tanto voluto mostrarti le nuove generazioni del mio Nuovo Mondo! Sono così gioiose e volenterose di imparare! Sono proprio dei graziosi soldatini adatti al mio ridente regno! Ah... mio Gahone... se avessimo avuto delle emanazioni, sarebbero stati bellissimi e obbedienti come questi volenterosi ragazzi! Ma tanto... lo so che stai vedendo, mio amato Gahone... perché noi staremo sempre insieme!
Fece una smorfia contrariata nell’osservare la volta celeste viola che attraverso quelle riflettenti vetrate create col vento, appariva bianco, quasi smorto, simile a un vasto sudario che conferisce calma ai cadaveri al di sotto del suo manto, ampio quanto l’intera Nesia.
Uhm... Forse dovrei cambiare colore al cielo e renderlo più vivido... fece una smorfia poco convinta e si avvicinò alla vetrata successiva, quella dalle miriadi di sfumature violette che dall’alto del più tenue lilla, discendevano scurendosi gradualmente fino a divenire di un viola più intenso prugna scuro, nel cui mezzo si stagliava il lampo eliotropo che squarcia il cielo, il simbolo dell’elemento tuono. Non appena osservò il cielo attraverso quelle lenti, subito ritrovò il sorriso. Il violetto celeste appariva ancora più scuro e minaccioso e avrebbe atterrito ulteriormente qualunque nemico il cui sguardo si fosse posato su di esso, oltre a ispirare la devozione dei suoi cari sudditi dagli occhi rossi e di tutti gli abitanti di Nesia, che avrebbero riconosciuto prima o poi i suoi metodi di buon governo, avrebbero chiesto asilo sotto quel prodigioso cielo viola in continua espansione, come il suo regno, che un giorno avrebbe avvolto l’intero mondo sotto il suo rosso sguardo protettore.
Uhm... no... visto con queste lenti questo cielo è così perfetto! Come mi potrebbe mai solo persino venire in mente di cambiarlo? Fece un risolino fanciullesco compiaciuto D’altronde è stata una mia idea colorarlo in questa maniera, come potrei aver commesso un errore?
Lieta di quell’allegro pensiero, saltellò quasi verso la vetrata successiva, che era la più luminosa di tutte, grazie alle tinte di giallo più dorate del sole, esaltate ulteriormente dalle gradazioni di ocra, che ricordava la luminosa sabbia notturna illuminata dalla notte più oscura, che le circondava. Al centro di quella vetrata vi era un lucente cerchio perfetto, che ricordava un sole stilizzato in oro massiccio, che sembrava quasi brillare di luce propria. Il vero simbolo della sua amica di lunga data Sirafi, il simbolo dell'elemento luce.
Ah! Mio Gahone! Perché hai cambiato i simboli che avevo progettato con tanto amore? Guarda questo cerchio così perfetto! Così luminoso! Quell’obbrobrio con quegli strani raggi non mi piaceva per niente! E rispecchiava così tanto la pelle diafana e splendente di Sirafi! Quei raggi che razza di significato avevano?
Osservò il cielo tramite quegli scintillanti vetrini e un sinistro verdastro permeava nei suoi occhi, con una sfumatura di rosso esaltata dal giallo che sfumava quel cielo viola.
Sì… Eh sì! Decisamente! È inutile che cambi il colore del mio bellissimo cielo! Si vede che dovrò semplicemente smettere di guardarlo tramite la vetrata del vento!
La regina Nehor passò oltre la vetrata successiva e si avvicinò a quella di dopo, dove ogni frammento di vetro bruciava vividamente delle sgargianti tonalità di rosso vermiglio e cinabro, che le ricordavano i bellissimi occhi rossi che conferiva in dono ai suoi seguaci, offuscandosi nelle più oscure tonalità del rosso cocciniglia che le ricordava il sangue versato dai nemici che osavano sfidarla.
Quello era il colore della vittoria che i nemici concedevano quando posava i suoi piedi sul campo di battaglia.
Quello era il colore della fiamma che anelava la vita, dalla vampa che lottava per la sopravvivenza, dell’incendio che divorava incessantemente ogni cosa dentro di sé per placare invano la sua avidità di vita.
Era il colore del fuoco più puro.
Il cielo appariva ancora più scuro attraverso quel vetro, ravvivato dalla fiamma rossa, simbolo dell’elemento fuoco che brillava al suo centro, esprimeva appieno il suo potenziale di cielo del nuovo regno, con quel misto di carica della fiamma e la visione di rosso, a cui si scorgeva l’inquietudine dovuto al viola.
Jovulf... Jovulf... mio caro figlioletto prediletto... Se sapessi che bel tributo ti ho concesso...
Fece un largo sorriso alla visione di quel firmamento incendiato e quando si ritenne sufficientemente soddisfatta, si mosse alla vetrata successiva che spegneva pigramente l’atmosfera, tramite i frammenti di vetro arancione più spenti e smorti delle tonalità che ricordavano la ruggine dei metalli e scivolavano per le tonalità carota, per ravvivarsi in toni più accesi d’ambra risalendo verso la cima, fino a raggiungere il colore delle scaglie di salamandra, mentre al centro l’arancione più brillante e puro disegnava le tre montagne distanti, dei tre regni di Leanded, dove Margatocal l’indolente soleva dormire. Pose le sue mani sui fianchi e si chinò in avanti per affacciarsi dietro la vetrata. Il colore del cielo viola si attenuava come se fosse un tramonto distorto di un sole morente, luminoso, ma al tempo stesso malinconico e spento come se fossero gli ultimi giorni di un mondo in rovina.
Uff... Questo sembra quasi che sia il filtro degli occhi di quel pigrone di Margatocal... sempre addormentato e sempre a dormire anche in piedi! Meno male che c’è il mio cielo a ravvivare l’atmosfera...
Poi passò alla vetrata successiva, dove il blu oltremare dominava sugli altri tipi di blu che si schiarivano man mano che lo sguardo si allontanava dal centro, divenendo blu cobalto e poi azzurro, con solo uno stacco nel bel mezzo dove i frammenti di vetro di zaffiro disegnavano elegantemente una goccia, o per meglio dire la goccia dell’elemento acqua. Si chinò in avanti e sorrise come una bambina nel vedere quei cieli oscuri che sembravano quasi delle acque abissali che venivano osservate attraverso la vasca di un acquario.
Uh! Dovrei proprio prendere una manciata di donne, uomini, umani, bake, segnati e mostri e metterli in delle belle acque decorative! Chissà cosa succederebbe... secondo me ci si diverte...
Ridacchiò al pensiero di tutte quelle creature che sguazzavano come pesci in una vasca. Passò oltre, fermandosi davanti a un’altra vetrata, dove tonalità verde acido e viola scuro che offuscavano i frammenti di vetro come un’ombra, circondavano il simbolo viola scuro che somigliava a un sole ombrato con una piccola codina sulla cima, che indicava il simbolo dell’oscurità. Quel tetro cielo che s’intravedeva attraverso quella vetrata, rendeva più fosca ogni atmosfera, come se fosse all’interno di un tempio senza luce, che ispirava dedizione e ossequio. Un lieve sorriso sadico apparve sui suoi occhi, quando vide quel cielo viola tingersi di un nero opprimente.
Forse dovrei scurirlo ancora di più... poi fece una pausa e dondolò il capo Uhm... è meglio di no... diventerebbe troppo deprimente...
Superò la vetrata successiva e rivolse i suoi passi verso quella di dopo, che baluginava di una pallida luce cristallina, quella vetrata dalle sfumature azzurrine, che impallidivano verso il bianco, mantenendo tuttavia un tenue pallore azzurro anche nei tasselli dalle colorazioni più chiare, che ricordava la neve che congelava le creature che inghiottiva, che raggelava la fiamma della vita, seppure la mantenesse ancora debole a pavida all’interno delle sue morbide mani strangolanti, dissipando lentamente, a poco a poco, la vita nei cadaveri di cui raggelava il sangue del desiderio. Il simbolo del ghiaccio riluceva come un diamante incastonato all’interno di una bara di gelo, dagli otto rami dalle puntute lance aguzze che formavano un muro di lance che teneva distante ogni altro nemico. Pose l’occhio attraverso il buco centrale del simbolo, come se vedesse il mondo da un cannocchiale. Il cielo impallidiva lievemente sotto quel filtro gelido, ma manteneva il suo imperante viola poderoso e minaccioso che persino il gelo non poteva soffocare.
Ah... Ryodal... se solo avessi dato ascolto a me, al posto di intestardirti con le sciocche e piacevoli bugie del mio Gahone... fece un lieve sorriso colpevole Ma in fondo, come darti torto? Alla fine anche io sono caduta preda delle sue belle storielle così strampalate. Non a caso, lui era mio e solo mio... Solo che io riuscivo a gestirlo, differentemente da te...
Fece un sospiro malinconico, forse era l’effetto della neve, ma l’inverno di Nesia la rendeva sempre nostalgica. Oppure era perché era una primordiale con il cuore troppo tenero.
Tornò alla vetrata precedente, del tutto nera da cima a fondo. Il simbolo era visibile, tuttavia essendo anch’esso nero, non poteva stagliarsi in nessun modo. E per chi non lo conosceva, sarebbe stato letteralmente impossibile individuarlo. Guardò tramite quella vetrata, ma non vide assolutamente nulla, se non il nero del vetro. La regina mise il broncio Ah! Per il mio regno perfetto! Questo vetro è come te! Non si capisce mai cosa ti passa per la testa, o cosa veda e rendi le cose complicate per tutti con le tue ambiguità!
Innervositasi per la vista negata, andò al lato opposto della sala dove vi era una vetrata totalmente bianca da cima a fondo. Quando appoggiò il viso davanti a essa, vide il cielo viola così come l’aveva progettato e ideato la prima volta che la sua esistenza si realizzò nella sua mente. Uno sguardo sognante comparve sui suoi occhi rossi e un tenero sorriso apparve timidamente sul suo bel viso.
Ah... perfetto... non c’è altro da dire.
